martedì 23 luglio 2013

Ferie in Giappone: seconda parte

Innanzitutto, prima di iniziare il post vero e proprio, qui trovate il link dell'account flickr dove io ed i miei compagni di viaggio abbiamo iniziato a postare le foto:
Per il momento ce ne sono una piccola parte, in quanto, per problemi logistici, le altre verranno presumibilmente caricate entro la metà di agosto ( speriamo ). Premetto che se non siete appassionati di settori tipo anime, manga, videogiochi, action figure etc. alcune foto potranno sembrarvi "superflue". Assieme a quelle scattate a Tokyo, ce ne sono diverse riguardanti lo scalo a Dubai, ma di questo parlerò in breve in uno dei prossimi post.

Tokyo, per l'appunto, è una città particolare rispetto a numerose capitali europee, non solo per dimensioni e popolazione ( oltre 15 milioni senza considerare l'area di Yokohama ed altre zone limitrofe, conurbate alla capitale ) ma anche per l'aspetto urbanistico. In pratica, non è possibile definire quale sia il centro della città. Alcune guide turistiche lo piazzano al palazzo imperiale, ma la concentrazione di persone, negozi, scuole e strutture pubbliche è molto superiore in altri quartieri. Esiste, effettivamente, una fermata della metro che si chiama "Tokyo", ma a giudicare dal fatto che nessuna guida turistica ne parla, non dovrebbe essere un granchè. La nostra organizzazione del viaggio, per dir la verità parecchio approssimativa ( ma meno del solito, in confronto ad altre occasioni ) prevedeva di esplorare uno o al massimo due quartieri al giorno, evitando di dormire fino a tardi la mattina, quando possibile.
Il primo giorno, come anticipato nel post precedente, ci siamo recati ad Akihabara, famigerata meta di pellegrinaggio per nerds, otaku ed appassionati del Giappone "frivolo". Il quartiere viene infatti definito "The Electric Town", e wikipedia aggiunge "Probabilmente la più vasta area di vendita del mondo per beni elettronici e computer, compresi oggetti nuovi e usati", e questa definizione non rende neanche lontanamente l'idea di quello che ci si può trovare. Non stiamo parlando di un centinaio di negozi, ma di infiniti negozi, alcuni dei quali occupano edifici di 7-8 piani. Ci siamo stati 2 o 3 volte, e non abbiamo mai visitato due volte lo stesso negozio e, naturalmente, non siamo riusciti a ritrovare alcuni posti in cui vendevano roba interessante il cui acquisto è stato incautamente posticipato. La maggior parte di questi negozi, inoltre, è parecchio affollata, comepure le strade del quartiere, i bar e i ristoranti. Una menzione d'onore meritano le sale giochi ( quelle con i videogiochi, non quelle con le slot e i videopoker che vanno adesso in Italia), che in Giappone sono ancora parecchio in voga, dove è possibile cimentarsi con una varietà impressionante di coin-op, da classici degli anni 80 come Super Mario Bros o Donkey Kong a roba che non avevo visto neanche su internet tipo giochi in 3d ( non intendo 3d come Doom, ma 3d come i film che vedete al cinema ) o simulatori di mech multiplayer da giocare in cabine singole totalmente chiuse, con lo schermo gigante su tre lati, suono surround e comandi assurdi. Potrei dilungarmi parecchio sull'argomento, essendo stati i coin-op una mia grande passione da giovane ( chi ha detto "sfigato" ? ), ma lasciamo stare. Date un occhio a questo interessante post del Doc Manhattan, per alcuni interessanti approfondimenti.
Altre manie giapponesi che da noi non hanno mai preso piede, o lo hanno fatto limitatamente, e che ad Akihabara sono rappresentate in maniera sontuosa sono il Pachinko, gli Ufo-catcher, Capsule Station e Maid Cafè.
Il Pachinko è praticamente una specie di flipper col piano verticale dove un numero indefinito ( proporzionale ai soldi inseriti nella macchinetta ) di palline d'acciaio scendono lungo un percorso ad ostacoli ed alla fine cadono in un recipiente di raccolta ( quasi mai ) o vengono "mangiate" dalla macchina ( quasi sempre ). L'unico controllo che ha il giocatore è una manopola che regola la velocità di lancio della pallina. Con le palline vinte, si possono ritirare dei regali ( da bagnoschiuma a giocattoli ad apparecchi elettronici ) che successivamente possono essere cambiati in denaro. Detto così può sembrare una coglionata, ed io rimango dell'idea che lo sia al 100%, ma la pensano in maniera diametralmente opposta decine di migliaia di persone che si mangiano delle cifre assurde in questi numerosissimi locali dalle dimensioni spropositate, caratterizzati da un rumore di fondo insopportabile, coadiuvato da musica ad alto volume, probabilmente atti a consolidare l'alienazione, a giudicare dalle facce dei giocatori. Un mio amico ha fatto un paio di prove, con esiti negativi.
Gli Ufo-catcher, presenti anch'essi in grande quantità, non sono altro che quelle macchinette mangiasoldi dove bisogna posizionare un braccio meccanico che scendendo dall'alto dovrebbe afferrare un pupazzetto o qualche altro tipo di gadget, e farlo cadere nel vano a fine corsa, in modo che il giocatore possa ritirarlo. Io li avevo visti solo in località turistiche o a qualche festa paesana, ma ce n'erano al massimo 2-3. In Giappone ce ne sono infiniti e la gente ci gioca con grande impegno.
Per Capsule Station si intendono quelle macchinette dove si inserisce una monetina, si gira una manopola e si riceve una pallina di plastica contenente un giocattolo o un portachiavi. Da piccolo ci ho speso qualche soldo per ampliare la mia collezione di palline di gomma, biglie di vetro, soldatini di plastica e simili, ma, come per gli ufo catcher qui il fenomeno ha delle dimensioni ed un bacino d'utenza incredibili ( date un occhio alla foto alla fine del post ). Ci sono posti dove di queste macchinette ce ne sono più di cento tutte assieme ed alcuni tipi di giocattoli ( in genere action figure di anime o manga ) arrivano a costare 4-5 euro l'uno. Inoltre, come se non bastasse, ci sono numerosissimi negozi che ricomprano questi giocattoli dai clienti ( in genere sono serie di action figure collezionabili, quindi capita spesso di trovare doppioni ) e li rivendono, spesso a prezzi alti in caso di serie fuori produzione o pezzi rari.
Una cosa che mi fa sorridere è che questi giocattoli vengono definiti in giapponese "Gashapon": il nome di per sè non significa niente. "Gasha" è il rumore che fa la manopola quando la si gira e "Pon" quello che fa la pallina di plastica cadendo: geniale.
Ultima "mania" particolare rimasta sono i Maid Cafè. Mio fratello ha avuto la fortuna ed il buon senso di evitare quest'esperienza, mentre io ed un amico abbiamo voluto toglierci la curiosità. In pratica si tratta di bar particolari dove le cameriere sono delle ragazzine vestite come le cameriere degli anime, che si comportano in maniera molto infantile sia nel relazionarsi coi cliente che nell'esecuzione di brevi performance live. Tanto per chiarire, non c'entra niente con un lap dance o un gogo bar, nei Maid Cafè è severamente vietato toccare le cameriere, e non c'è nessun tipo di nudità. Inoltre è severamente vietato fare fotografie, in quanto si paga per avere un ricordo di quel genere. Le prime due "maid" che ci hanno servito, come al solito, non parlavano una parola di inglese, quindi non ci è stato possibile approfondire la nostra conoscenza, non tanto delle cameriere, ma del funzionamento del locale. Una terza cameriera aveva abitato in California e finalmente abbiamo avuto la possibilità di chiedere dei chiarimenti, che non sono stati di grande aiuto. Alla fine, come per il Pachinko o gli Ufo Catcher, non capisco cosa ci trovi la gente di particolare in posti di questo tipo, tantopiù che si paga una decina di euro solo per l'entrata. Tanto per dare l'idea, visto che mi rendo conto che la spiegazione è un po' ambigua, questo è il link della catena di Maid Cafè della quale fa parte il locale da noi visitato. Inutile dire che quando tornerò a Tokyo la prossima volta starò alla larga da questa tipologia di "intrattenimento".




lunedì 8 luglio 2013

Ferie in Giappone: prima parte

Ad una settimana esatta dal ritorno in Austria, propongo oggi il primo di una serie di post riguardanti le mie ferie in Giappone.
Il volo da me prenotato è partito da Venezia, breve scalo a Dubai e ripartenza con destinazione Tokyo.
Inizio col dire che sono stato particolarmente impressionato dalla qualità del servizio offertoci da Emirates, una nota compagnia con la quale non avevo mai volato prima. Ok, io non sono un veterano dei viaggi in aereo, e di solito opto per Ryanair per spostarmi in Europa, quindi il confronto sarebbe ridicolo, ma mio fratello, che di professione fa l'assistente di volo da 6-7 anni, ha confermato il mio giudizio positivo. Tutti e due gli aerei che abbiamo preso erano in ottime condizioni, con ogni posto dotato di sistema di intrattenimento "privato" comprendente oltre ad una collezione di videogame discutibili, un database di tutto rispetto al livello musicale e soprattutto diversi bei film in italiano ( ne ho approfittato per vedere, tra gli altri, Django e Skyfall ). Il personale di bordo è stato gentilissimo e molto professionale, peccato che i pasti fossero, a mio avviso, poco più che patetici. Mio fratello dal canto suo, ha affermato che erano di ottima qualità rispetto a molte altre compagnie. Io, per dir la verità, ho sofferto non poco le due tratte lunghe ( Dubai-Tokyo e Tokyo-Dubai ) in quanto ho difficoltà ad addormentarmi in aereo, ed ho rosicato non poco nel vedere personaggi addormentarsi 10 minuti dopo il decollo e svegliarsi 10 minuti prima dell'atterraggio, ma ero psicologicamente preparato e sapevo bene che questo piccolo sacrificio è indispensabile per coprire distanze del genere ( almeno finchè non inventeranno il teletrasporto ).
All'andata, lo scalo a Dubai è stato relativamente corto, ed abbiamo ammazzato il tempo girando per l'aereoporto ( molto grande ) e mangiando qualcosa da Burger King ( dove accettano dollari americani, dei quali mio fratello era fornito ).
Siamo arrivati a Tokyo verso l'una di notte. A quell'ora i trasporti pubblici sono fuori servizio, e non volendo aspettare altre 4 ore all'aereoporto di Haneda, abbiamo optato per una corsetta in taxi da 65 euro, che in tre non è una spesa folle.
L'hotel scelto accuratamente da mio fratello, si è rivelato abbondantemente sopra le mie aspettative. Visto il prezzo da ostello che abbiamo pagato, mi aspettavo una sistemazione molto più spartana, invece mi sono dovuto prontamente e piacevolmente ricredere. La camera non era certo grande, ma i tre letti erano ad una piazza e mezza, e la dotazione prevedeva TV, bollitore per il thè, asciugamani in abbondanza, ciabatte, e perfino una vestaglia da camera a testa, in stile kimono. Il tutto in un quartiere tranquillissimo ( Akasaka ), ma ben collegato ( 3 fermate della metro nel raggio di meno di un chilometro ) e soprattutto vicino a Roppongi, uno dei quartieri più noti per la vita notturna, quartiere dove ci siamo recati appena appoggiate le valigie, anche per merito ( o a causa ) del jet lag. La "serata" è proseguita in tranquillità con qualche birra locale e cercando di prendere confidenza con una realtà decisamente inusuale per me che sono abituato a viaggiare in Europa. Già il solo fatto di non saper leggere i kanji, fa un certo effetto, e lo stesso vale per la gente in giro, che fino a poco tempo fa avevo visto solo nei manga e anime. Una delle cose che ci ha subito spiazzato è il fatto che la maggior parte delle attività commerciali si sviluppano in verticale: è normale capitare davanti ad un edificio che ha un pub nei sotterranei, un negozio di vestiti al piano terra, un parrucchiere al primo piano, un jazz club al secondo, un altro pub al terzo, un negozio di casalinghi al quarto e così via fino anche al decimo piano. La cosa si è rivelata ancora più impressionante in altri quartieri dei quali parlerò più avanti, dove abbiamo trovato sale giochi su 7 piani o negozi di elettronica su 10 piani. Quando siamo usciti la prima sera, c'era parecchia gente in giro ( parliamo di lunedì alle 2 di notte ), cosa non certo normale anche in diverse città di dimensioni rispettabili che ho visitato in passato, ma questo non è neanche lontanamente paragonabile al vero sovraffollamento che ci aspettava in alcune delle giornate seguenti. Il primo impatto con la vita notturna, al livello di prezzi non è stato il massimo, siamo arrivati a pagare 8 euro per una birra piccola, prezzo da guerra civile, qua in Austria ed anche in Italia, ma in ogni caso eravamo preparati. Una cosa che mi ha dato fastidio è che certi  locali fanno pagare il coperto ( cover charge ), e non sto parlando di ristoranti, pizzerie o discoteche, ma di normalissimi bar. Una sera, per fare un esempio, siamo entrati in un bar vuoto totale, per assaggiare del whisky giapponese. Per evitare fregate potenti, abbiamo preventivamente chiesto al gestore quanto ci sarebbe costato ed il suddetto, in un inglese stentatissimo, ci ha spiegato che un whisky costava 800 yen ( circa 6-7 euro ) ma che bisognava pagare 500 yen di cover charge, in un bar normalissimo, e, ripeto, vuoto. Com'è facile immaginare, il personaggio non ha visto neanche un singolo yen dei nostri soldi.
Le condizioni climatiche locali ci hanno accolto bene: avevo letto su internet che da giugno ad agosto in Giappone è caldissimo nonchè umido, e speravo di evitare certi livelli di caldo sofferti in passato ( tipo quando sono andato 15 giorni a Barcellona in Agosto, o a Malta a Luglio ). La sera del nostro arrivo, complice forse il cielo nuvoloso, non si soffriva minimamente il caldo, con temperature attorno ai 23 gradi. Il trend, per nostra fortuna, è continuato per tutta la nostra permanenza, presentando tuttavia, come nota negativa, alcuni giorni di pioggia insistente, ma che non ci ha creato grosse problematiche.
Verso le 4 di notte, siamo tornati a piedi all'hotel, belli carichi ( stavolta non intendo ubriachi ) per la giornata seguente, che prevedeva un primo giro di ricognizione a Akihabara, quartiere famoso per i negozi di elettronica, manga, anime e sale giochi.